Cultura del vaso campaniforme

Da Ufopedia.

Ipotetica estensione della cultura del vaso campaniforme

La cultura del vaso campaniforme (in inglese "Beaker culture") si riferisce ad un periodo della tarda età del rame (2400 - 1800 a.C. circa) in cui si diffuse questa tipologia di ceramica.

Indice

Origine

Sono molte le teorie sull'origine di questa cultura.[1] Una volta si credeva che la sua nascita fosse avvenuta nella penisola iberica durante il neolitico, mentre negli ultimi decenni si è preferito identificarla come un'antica cultura indoeuropea, più precisamente proto-celtica; Marija Gimbutas, in questo contesto, la fa derivare da culture dell'Europa centro-orientale kurganizzate da incursioni di tribù indoeuropee delle steppe. Cosi la Gimbutas descrisse la diffusione del campaniforme nell'ottica dell'espansione Kurgan:

Il complesso del vaso campaniforme, una diramazione della cultura di Vučedol, continuò le caratteristiche dei Kurgan. Il popolo del vaso campaniforme della seconda metà del III millennio a.C. era composto da cavalieri vagabondi e da arcieri, nella stessa maniera dei loro zii e cugini: il popolo della ceramica cordata del nord Europa e il popolo della cultura delle catacombe della regione pontica settentrionale. La loro diffusione in Europa occidentale, dalle Isole britanniche alla Spagna, incluse le isole mediterranee occidentali concluse il periodo di espansione e distruzione.[2]

Recenti studi hanno dimostrato che le primi attestazioni del campaniforme si ebbero nel territorio che è oggi parte dei Paesi Bassi. Lanting e Van der Waals, riprendendo la tesi della Gimbutas, hanno proposto una cronologia per lo sviluppo della cultura del vaso campaniforme dalle prime forme della cultura dell'ascia da battaglia e dalla cultura del bicchiere imbutiforme presenti precedentemente nell'area olandese[3]. E così l'Olanda e la regione renana sono stati ampiamente accettati come zona d'origine di questa cultura (J. P. Mallory, EIEC p. 53).

Vasellame

Data l'inusuale forma del vasellame e la comparsa ex-abrupto delle attestazioni archeologiche, la spiegazione tradizionale per l'apparizione della cultura del vaso campaniforme è stata quella della diffusione di un gruppo di persone attraverso l'Europa. Agli inizi del XX secolo, queste terrecotte furono viste come elemento di un popolo che, attraverso continue invasioni, portò con sé la lavorazione dei metalli e nuovi usi funerari, sostituendo la precedente popolazione europea del primo Neolitico.

Attualmente si pensa che la diffusione di questo fenomeno culturale in una regione così vasta dell'Europa sia attribuibile a diversi fattori (flussi migratori, scambi commerciali)[4].

Stile

Il vaso campaniforme si diffonde in Europa tra l'età del rame e l'antica Età del Bronzo (fine III - inizio II millennio a.C.). L'espressione fu coniata da John Abercromby per definire una tipologia di oggetti in terracotta la cui forma ricordava quella di una campana rovesciata.

La decorazione dei vasi presenta numerose varianti, anche se è caratterizzato da fini decorazioni ottenute con tecniche diverse: cordicella, pettine, conchiglia.

Diffusione

Vasi campaniformi e brassard dalla tomba di Marinaru (SS)

Questa cultura è attestata nelle odierne Portogallo, Spagna, Italia insulare e centro-settentrionale, Francia (escluso il Massiccio centrale), Gran Bretagna e Irlanda, Paesi Bassi, Germania tra l'Elba e il Reno, con un'estensione lungo l'alto corso del Danubio nel bacino di Vienna (Austria) e Ungheria (isola Czepel).

Italia continentale

Nella penisola le aree più interessate sono la pianura padana, in particolare la zona del lago di Garda, e la Toscana. I vasi campaniformi appaiono in questi territori dell'Italia centro-settentrionale come "elementi estranei" inseritisi nelle pre-esistenti culture di Remedello e del Rinaldone[5]. Per quanto riguarda l'aspetto funerario numerosi sepolcri sono stati scoperti soprattutto nel bresciano ad esempio a Ca' di Marco e a Santa Cristina di Fiesse mentre nell'Italia centrale bicchieri campaniformi sono stati rinvenuti nella tomba di Fosso Conicchio (VT)[6].

Sardegna

Verso il II millennio a.C., anche la Sardegna venne investita dalla corrente culturale campaniforme. Fu una cultura di apporto esterno, le cui popolazioni vissero mischiate con popoli di altre culture. Fu presumibilmente composta da una società guerriera a giudicare dai ritrovamenti nei sepolcri delle domus de janas di armi ed equipaggiamenti bellici, come i braccioli di pietra levigata che i guerrieri indossavano per attutire il rinculo dell'arco, noti come brassard (bracciali da arciere), insieme a caratteristiche collane di conchiglie. Usavano inoltre pugnali di rame, bracciali ed anelli. Per la prima volta in Sardegna appaiono manufatti in oro (Tomba Bingia 'e Monti- Gonnostramatza). Anche in queste fasi, i protosardi continuano a utilizzare le necropoli a domus de janas per le loro sepolture ma è documentata anche l'inumazione entro cista litica (Santa Vittoria-Nuraxinieddu).

Sicilia

Il campaniforme venne introdotto in Sicilia dalla Sardegna e si diffuse principalmente nella parte nord-occidentale e sud-occidentale dell'isola. Nell'area nord-occidentale e nel Palermitano mantenne pressoché integre le sue caratteristiche culturali e sociali mentre nella parte sud-occidentale vi fu una forte integrazione con le culture locali.

Set campaniforme

Oltre al vaso a forma di campana nei vari siti associati al campaniforme è spesso riscontrabile un tipico "set" o "pacchetto" composto da un bracciale da arciere, punte di freccia in selce, bottoni in osso a V, pugnali in rame e vari ornamenti come collane di conchiglie o zanne di cinghiale.

Migrazione vs. acculturazione

Vere Gordon Childe ha descritto la gente del vaso come una popolazione di invasori dediti alla guerra, dalle abitudini autoritarie e con una predilezione per le armi di metallo e gli ornamenti che li hanno spinti a imporre un'unità politica sui loro nuovi domini sufficiente per una certa unificazione economica.

Tuttavia non è necessario pensare a una correlazione fra una cultura archeologica e un gruppo etnico. Del resto, la cultura materiale e le innovazioni tecnologiche possono diffondersi indipendentemente dal movimento di un popolo. Dunque, il punto di vista di Childe appare oggi come errato, basato su correlazioni erronee e conoscenze limitate, mentre l'assunto di un'invasione del popolo del vaso è considerato come un tentativo di attribuire i numerosi cambiamenti culturali a una causa precisa.

Altri archeologi, notando che la distribuzione delle coppe era più ampia nelle zone degli itinerari di trasporto, compresi i luoghi di guado, le valli fluviali e i passi montani, hanno suggerito che lo stile pan-europeo della coppa sia stato portato in origine da commercianti di bronzo, che poi si depositò presso le locali culture neolitiche o primo-calcolitiche, da cui emersero stili locali.

Oggi molti archeologi pensano che il popolo del vaso non sia mai esistito come gruppo e che la cultura del vaso campaniforme sia stata solo il frutto della diffusione in Europa di conoscenze manifatturiere non connesse con un popolo; queste conoscenze potrebbero essere giunte attraverso l'influenza di popoli vicini piuttosto che come conseguenza di un movimento migratorio. Questa cultura potrebbe ad esempio essere correlata con la produzione e il consumo di birra (come sembrerebbero suggerire anche studi palinologici su pollini) o con legami commerciali marittimi con l'Europa atlantica.

La teoria che esclude un'invasione fu proposta per la prima volta da Colin Burgess e Steve Shennan attorno alla metà degli anni settanta del XX secolo e oggi l'ipotesi più diffusa è quela di popoli indigeni europei che hanno adottato e adattato in modi diversi nuove conoscenze, dando così vita alla cultura del vaso campaniforme.

Recenti analisi su 86 individui di questa cultura provenienti da sepoture bavaresi suggeriscono tuttavia che tra il 18 e il 25 per cento di queste sepolture erano occupate da individui provenienti da zone molto lontane da quest'area. Ciò attesterebbe l'esistenza di un notevole movimento migratorio dal nord-est al sud-ovest.[7]

Un altro studio effettuato sull'arciere di Amesbury il cosiddetto "Re di Stonehenge" , per via della vicinanza del suo sepolcro al famoso sito inglese e per lo sfarzo del suo corredo funerario (comprendente vasi campaniformi di raffinata qualità, pugnali, punte di freccia ed oggetti in oro), ha stabilito che il defunto proveniva da una regione fredda dell'Europa centrale. Il caso dell'arciere di Amesbury è utilizzato come esempio dai sostenitori della tesi migrazionista.

Usi funerari

La cultura del vaso campaniforme aveva una sua sepoltura tipica, la cosiddetta "cista litica monosoma" presente in tutte le zone dell'Europa ove si diffuse questa cultura. Il defunto veniva sepolto in posizione rannicchiata con lo sguardo rivolto verso est, sovente con un corredo di armi e con l'immancabile vaso campaniforme; la grande ricchezza dei corredi funerari riscontrata in alcune sepolture ha fatto supporre che esistesse già una qualche forma di stratificazione sociale. Nelle sepolture campaniformi prevale il rito dell'inumazione anche se sono stati registrati alcuni casi di cremazione del defunto.

Antropologia fisica

Studi craniometrici effettuati in passato dimostrarono che il popolo del vaso campaniforme apparteneva ad un tipo fisico differente rispetto a quello delle genti native delle aree colonizzate. Secondo queste indagini il popolo del vaso campaniforme era di alta statura, possedeva una corporatura robusta ed un cranio brachicefalo. A partire dagli anni sessanta l'ipotesi migratoria venne scartata anche se recenti studi hanno cautamente confermato le prime ipotesi che teorizzavano una migrazione di questo popolo che portò con se nei nuovi territori le proprie abilità metallurgiche, tecniche agricole e pratiche religiose[8][9][10].

il sito di Stonehenge.
Ricostruzione del sito di Los Millares.

Siti di rilievo

Note

  1. Natasha Grace Bartels, 'Beaker Problem', University of Albeda, Department of Anthropology, 1998 [1]
  2. [2] Frase di Maria Gimbutas estrapolata da: Archaeology and language di Colin Renfrew, cap 3: Lost languages and forgotten scripts: The Indoeuropean languages, Old and New.
  3. Lanting, J.N. & J.D. van der Waals, (1976), "Beaker culture relations in the Lower Rhine Basin" in Lanting e (Eds) "Glockenbechersimposion Oberried l974". Bussum-Haarlem: Uniehoek n.v.
  4. J.P.Mallory - Encyclopedia of the Indoeuropean cultures. - "Beaker culture" pg. 53-54-55
  5. Le grandi avventure dell'archeologia VOL. 5: Europa e Italia protostorica - Curcio editore , pg. 1585-1586
  6. Il complesso culturale di "Fosso Conicchio" (Viterbo)
  7. Price, T. Douglas; Grupe, Gisela and Schröter, Peter "Migration in the Bell Beaker period of Central Europe.
  8. Anthropological sketch of the prehistoric population of the Carpathian Basin - Zsuzsanna K. Zoffmann, Acta Biol Szeged 44(1-4):75-79, (2000)
  9. A Test of Non-metrical Analysis as Applied to the 'Beaker Problem' - Natasha Grace Bartels,University of Albeda, Department of Anthropology, 1998 [3]
  10. A. Gallagher, M.M. Gunther and H. Bruchhaus, Population continuity, demic diffusion and Neolithic origins in central-southern Germany: The evidence from body proportions, Homo: internationale Zeitschrift für die vergleichende Forschung am Menschen (3 marzo 2009).

Bibliografia

Collegamenti esterni

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