Ittiti

Da Ufopedia.

Porta dei Leoni ad Ḫattuša
Gli Ittiti furono un popolo indoeuropeo che abitava la parte centrale dell'Asia Minore nel II millennio a.C., il più noto dei popoli anatolici.

Indice

Storia

Dalle origini all'Inizio dell'Antico regno

L'insediamento in Anatolia

Gli Ittiti (in giallo) nel II millennio a.C., accanto agli altri popoli anatolici della regione: i Palaici (in rosso) e i Luvi (in azzurro) [1]

L'arrivo degli Hittiti in Anatolia, dalle steppe a nord del Mar Nero attraverso il Caucaso oppure, più probabilmente, da ovest attraverso i Balcani, è di difficile datazione, posta la problematicità dei collegamenti di movimenti migratori con mutamenti della cultura materiale attestati archeologicamente (collegamento abituale, ma semplicistico).

Dovette trattarsi di un fenomeno di notevole durata, che portò in Anatolia varie ondate di popolazione indeuropea, e a questo insediamento scaglionato probabilmente risalgono le differenze linguistiche tra i vari gruppi della famiglia linguistica anatolica (pure assai affini tra loro): oltre agli Ittiti (al centro) vi erano i Luvi (a sud) e i Palaici (a nord-ovest).

Tutti questi nuovi arrivati si sovrapposero all'antica popolazione non indeuropea, che viene chiamata convenzionalmente Hatti (popolo); in passato la lingua dei Pre-Ittiti era detta hattili ("della terra di Hatti"), mentre la lingua di quelli che chiamiamo Ittiti era detta nesita ("della città di Nesa-Kanish"). La situazione etnico-linguistica dell'area hittita è ulteriormente complicata da infiltrazioni hurrite nel sud-est (Kizzuwatna).

Tale quadro è già sostanzialmente costituito quando i testi paleo-assiri (sec. XIX-XVIII a. C.) rinvenuti a Kültepe (antica Kanis) e in altre località della Cappadocia offrono per la prima volta ricco materiale onomastico anatolico.

La fase delle città Stato

Gli Hittiti erano allora già giunti in Anatolia forse da non molto tempo e stavano organizzandosi in staterelli di raggio cittadino. La documentazione, essendo costituita da lettere e documenti contabili dei mercanti assiri che frequentavano la regione, offre un quadro parziale; ma risulta chiaro che gli Stati anatolici erano indipendenti politicamente rispetto all'Assiria, con la quale intrattenevano solo rapporti commerciali.

I regni locali erano numerosi: oltre a quello di Kanis c'erano Burushanda, Salatiwar, Tarhumit, Nenassa, Zalpa, Hattusa, Hahhum, e tanti altri (per lo più di incerta localizzazione). Dalle vicende politiche e militari emergeva a volte qualche figura di maggior prestigio.

Fiorisce l'Impero degli Ittiti

Intorno al 2000 a.C. gli Ittiti, una popolazione di pastori nomadi provenienti dalla Russia meridionale, fondarono un regno nella penisola Anatolica (l'attuale Turchia).Il fondatore dell’impero ittita fu il re Pitkhana di Kussara (circa 1800 a.C.), che riuscì a riunire alcune tribù sotto il protettorato della città di Kutelpe era questo il primo nucleo del futuro impero ittita ed il primo nucleo unitario per questo popolo fino ad allora organizzato in città stato indipendenti. A Pitkhana successe il figlio Anittas che estese il dominio di Kussara conquistando le città di Nesa, che divenne prima capitale del regno ittita, e Hattusas, la quale fu distrutta, senza alcun apparente motivo. Nesa , come capitale ittita raggiunse un certo grado di sviluppo e pare che ospitasse anche uno. Cento anni dopo, dotto il regno di Hattushili, Hattusas, situata nell’Anatolia centrale, ad est di Ankara, venne ricostruita e fortificata e divenne la vera capitale degli ittiti.. Divenuti abili guerrieri, gli Ittiti estesero i loro domini anche nella Mesopotamia dove nel 1595 a.C. giunsero a conquistare la stessa Babilonia

L'Antico Regno

Circa un secolo dopo prese forma, nella stessa città di Kussara, una dinastia che diede vita al primo grande regno ittita. Ne fu iniziatore un re, Labarnas (ca. 1680-50), figura in parte leggendaria e additata dai successori come modello di buon governo e di successo politico e militare. Certo è che con Labarna, Kussara, da regno cittadino, divenne capitale di uno Stato regionale abbastanza vasto, che toccava forse il Mar Mediterraneo.

Il suo successore Labarna II, avendo trasferito la capitale a Hattusa, mutò il suo nome in Hattusilis (ca. 1650-20). Continuò l'espansione militare sia verso ovest sia verso la Siria settentrionale, con la conquista di Ursum, Hassum, Hahhum, Alalah.

Lo Stato ittita venne così a fronteggiare il potente regno di Yamhad (Aleppo) col quale iniziò una dura lotta. Ai successi militari non si accompagnava la solidità politica interna: lo attestano una rivolta generale verificatasi mentre il re era impegnato contro Arzawa, e soprattutto lo documenta il "Testamento" col quale il re diseredava i suoi discendenti diretti e designava a successore un figlio adottivo, Mursili, denunciando le trame cui era stato sottoposto all'interno stesso della corte e della famiglia reale.

Mursilis (ca. 1620-1590) proseguì l'espansione verso sud-est, realizzando la conquista e annessione di Aleppo, e persino in una fortunata spedizione contro la lontana Babilonia, dalla quale riportò ricco bottino e gran prestigio.

Lo Stato ittita in questa fase (detta "Antico Regno") dà impressione di vitalità ed energia soprattutto sul piano militare, ma anche di carenze organizzative. In effetti il re doveva difendere la struttura del potere dall'ingerenza della cerchia nobiliare e forse anche dell'assemblea, il Panku, il cui compito era eleggere il nuovo sovrano in base alle sue gesta eroiche in battaglia, una volta morto quello in carica.

Le contraddizioni interne diventarono presto vistose: Mursilis I fu ucciso dal cognato Hantili, che gli succedette sul trono dando inizio a una lunga serie di torbidi e parallelamente alla decadenza politica (i possedimenti siriani andarono perduti).

Decadenza dell'Antico regno

Congiure a catena fecero salire al trono Zidanta (che uccise il figlio di Hantili), poi Ammuna (che uccise suo padre Zidanta), poi Huzziya, infine Telipinu (ca. 1525-1500). Quest'ultimo si presentò come restauratore dell'ordine e descrisse a tinte fosche il regno dei suoi predecessori; ma il testo delle "Riforme" da lui promulgate sembra puramente velleitario. Sul piano internazionale lo Stato non aveva più la preminenza assoluta neppure in Anatolia, come mostrano trattati stretti su un piano paritetico tra i re ittiti e quelli di Kizzuwatna.

La situazione peggiorò ulteriormente per l'ascesa del regno di Mitanni che conglobò nella sua sfera di influenza sia Aleppo sia Kizzuwatna.

Il Medio Regno

Durante il Medio Regno ittita governarono Alluwamna, Tahurwaili, Hantili II, Zidanta II, Huzziya II e Muwatalli I.

Il Nuovo Regno o Periodo Imperiale

Suppiluliuma I e Mursili

L'Impero Ittita (in rosso), all'apice del suo potere nel 1290 a.C., confinante con l'Impero Egiziano (in verde)
Verso il 1400 il Paese fu attaccato e saccheggiato da nemici esterni di varia provenienza, e anche la capitale fu incendiata. Fu Suppiluliuma I (ca. 1344-22) a ristabilire dapprima la sicurezza del territorio ittita lottando contro i barbari Kaska del nord anatolico, e a portare poi lo stato ad un nuovo inserimento internazionale e infine ad una posizione di preminenza quale mai aveva raggiunto. Con l'Egitto venne a un accordo per la spartizione della Siria, mentre la trasformazione di Mitanni in regno vassallo degli Ittiti portò Suppiluliuma a iniziare rapporti ostili con l'Assiria.

Mursili (ca. 1320-1285) fu impegnato soprattutto all'ovest, contro i vari regni di Arzawa ai quali impose trattati di vassallaggio: gli Annali del re mostrano che il mantenimento dell'impero era ottenuto solo a costo di continue spedizioni militari.

Muwatalli e la Battaglia di Kadesh

Muwatalli (ca. 1285-1270) si scontrò ben presto con le velleità espansionistiche del giovane faraone egiziano Ramesse II, il quale cercò di sottrarre agli ittiti alcuni dei possedimenti siriani, in modo particolare il regno di Qades e il regno di Amurru, con i suoi preziosi porti sul Mediterraneo. I due popoli si fronteggiarono nella Battaglia di Qadesh (ca. 1275), che pur conclusasi senza una vittoria netta da parte di nessuno dei due popoli, vide, comunque, gli ittiti rientrare in possesso dei territori siriani di Qades e Amurru, che avevano precedentemente defezionato dalla parte degli egiziani.

In politica interna Muwatalli si rese protagonista dello spostamento della capitale che da Hattusa fu trasferita più a sud, a Tarhuntassa; parimenti il sovrano affidò al fratello Hattusili III la difesa del nord dell'impero contro i turbolenti nomadi Kaska.

Gli ultimi re

Dopo il breve regno di Urhi-Tesub, Hattusili III prese a sua volta il potere (ca. 1265-40), mutò politica venendo a un trattato di pace con Ramesse II (1259 a.C.) al quale diede, successivamente, in moglie (1246 a.C.) sua figlia suggellando così un'alleanza che in effetti non venne più turbata. Tudhaliya IV (ca. 1240-10) poté così riservare tutte le sue energie allo scontro con l'Assiria, che aveva da tempo annesso Mitanni e fronteggiava gli Ittiti sull'Eufrate.

La frontiera dell'Eufrate resistette, ma l'impero cominciò a disintegrarsi dall'interno: i vassalli siriani dipendevano ormai dai re (di origine ittita) di Karkemiš, mentre nel sud-ovest anatolico gli Ittiti ebbero non pochi problemi con alcuni gruppi etnici locali, primo fra tutti i Lukka, come dimostrano le iscrizioni in geroglifico di Tuthaliya IV.

Gli ultimi re ittiti, Arnuwanda III (ca. 1210-05) e Suppiluliuma II (ca. 1205-1190) sembrarono preoccupati soprattutto di assicurarsi la fedeltà sempre più sfuggente dei vassalli e dei funzionari di corte.

L'invasione dei Popoli del mare

La fine degli Ittiti, attorno alla decade degli anni 1180-1170 AC, fu determinata dagli attacchi dei cosiddetti popoli del mare (Danai, Achei, Filistei, Sardi). L'impatto di queste genti fu causa di profonde trasformazioni in Egitto, nell'area del Mare Egeo e nel vicino Oriente dove favorì l'emergere di un nuovo popolo di origine semitica: gli Assiri.

Gli Stati neo-ittiti

La fine dell'impero non coincise dovunque con la fine della storia ittita. Nella situazione politicamente ed etnicamente mutata dopo il 1200 emerse tutta una serie di piccoli stati detti "neo-ittiti", caratterizzati dall'uso della scrittura ittita geroglifico nelle iscrizioni monumentali.

Stati neo-ittiti sono presenti in Siria (Karkemiš, Hattina), in Cilicia (Que, Hilakku), nell'alto Eufrate (Kummuh, Melid, Gurgum) e in Cappadocia (Tabal, che è l'unico di una certa estensione).

Tra i sec. XI e IX la situazione politica internazionale abbastanza fluida permise loro notevole libertà di esistenza; ma col crescere della potenza dell'impero neoassiro la loro sorte fu segnata.

La vittoria di Tiglatpileser III sugli Urartei (743) rese gli Assiri padroni della zona neo-ittita, e i singoli stati dovettero capitolare e furono ridotti a province assire dallo stesso Tiglatpileser e da Sargon II tra il 740 e il 710.

Il nome degli Ittiti fu ancora usato per qualche secolo, con un significato diverso: gli Assiri continuarono a chiamare Hatti la Siria settentrionale e poi estesero il nome a tutta la regione siro-palestinese, e nell'Antico Testamento gli Ittiti sono una delle popolazioni che abitavano la Palestina prima della conquista israelitica.

Religione

Di natura politeistica come tutta la cultura ittita, la religione nasce per influsso della civiltà mesopotamica, con un'elaborazione originale di elementi oriundi ittiti e indigeni pre-ittiti, oltre che mesopotamici.

La religione dell'impero

Formatasi con l'impero ittita la religione è ragione della sua edificazione, ed è pertanto lecito cercare in essa la chiave della concezione ittita dell'impero stesso. Punto di partenza fu la situazione politico-sociale che gli Ittiti trovarono in Anatolia: una costellazione di città-Stato templari, di tipo mesopotamico, ossia comunità territoriali facenti capo a un tempio.

La penetrazione o la conquista del Paese da parte degli Ittiti consistette sostanzialmente nella loro sostituzione agli indigeni nel governo dei templi e delle comunità che ne dipendevano. In altri termini, gli Ittiti si misero al "servizio" degli dei che ordinavano territorialmente l'Anatolia; l'espressione "servi degli dei" fu in effetti la definizione che essi diedero a sé stessi.

Su questa linea dell'acquisizione territoriale intesa come acquisizione di un servizio divino si sviluppò l'impero. Un solo uomo, colui che era diventato il capo della comunità templare di Hattu, realizzò l'idea di sostituirsi gradatamente ai capi delle altre città templari. L'Anatolia divenne il Paese di Hattu(sas); gli abitanti furono detti Ittiti da Hattu; e divennero sudditi, sia pure tramite i templi cui facevano capo, di questa nuova figura di monarca-sacerdote.

Il re-sacerdote

Il Re Hittita era in effetti un sacerdote: era l'unico che poteva sacrificare direttamente; gli altri sacrificavano soltanto mediante i sacerdoti specializzati. La fonte del suo potere era il servizio che prestava a tutti gli dei che avevano sede in Anatolia; il suo titolo, a questo riguardo, era quello di "servo degli dei" per antonomasia. Tutti questi principi d'ordine religioso si rilevano nella realizzazione dell'impero ittita che si configura come una confederazione di comunità templari aventi per unico capo quello della comunità templare di Hattu.

Consolidata questa situazione nella regione anatolica, poteva essere conquistato anche il resto del mondo: dove si trovavano comunità templari, si costringevano a riconoscere il re ittita come "servo" del rispettivo dio; se le città-Stato erano diversamente organizzate, venivano espropriate ai loro abitanti e ridotte a una città templare, proprietà di un dio, amministrabile dal re ittita.

Il "servizio" reso dal re agli dei era una specie di sublimazione dell'originario servizio templare che consisteva sostanzialmente nel nutrire il dio titolare del tempio, ovvero nel dargli la sua spettanza come proprietario del suolo su cui viveva la comunità. Il re, invece, offriva, più che il nutrimento, la sua azione regale: le sue imprese, le sue conquiste. E così come era scrupolosamente registrato presso ogni tempio qualsiasi prodotto destinato al dio, il re faceva registrare ogni sua azione, sia imprese belliche sia cerimonie o altro, che egli dedicava, sotto forma di atti, agli dei. Tali atti venivano redatti come veri annali e offerti annualmente; pure annualmente il re doveva recarsi in pellegrinaggio a tutti i templi dell'impero per dare atto formale del "servizio" divino da cui derivava il suo potere.

Il pantheon ittita

Di qui la singolarità del politeismo hittita per il quale gli dei non erano forme di realtà universali, ma di unità territoriali: dio nazionale dell'impero era un dio sovrano con caratteri del "dio della tempesta" siriano; il suo nome era indicato con l'ideogramma IM, poi U, comune a vari dei di località diverse (in una lista, troviamo ben 21 U.). Evidentemente ogni U si distingueva dall'altro non per una diversa natura, ma per una diversa sede di culto, e quindi serviva a identificare un territorio. Lo stesso dicasi della divinità indicata con l'ideogramma mesopotamico UTU (sole). Risulta esserci più di un UTU, e UTU era anche la dea-sole della città di Arinna, la quale, nella sistemazione teologica ittita, appare come sovrana e sposa del dio della tempesta. Ai piedi di questa dea venivano deposti, come offerta agli dei, gli atti che registravano le imprese del re.

In questo panorama il pantheon ittita era composto di divinità dall'origine più varia e non rifletteva una visione del mondo, ma piuttosto denominava il territorio ittita, dovendo la sua formazione unicamente alle divinità che gli Ittiti avevano trovato in Anatolia. Il "servizio" agli dei, che fondava la presenza ittita in Anatolia, comportava il massimo adeguamento alla volontà divina; il che si otteneva mediante un gran numero di tecniche divinatorie, tra cui si ricorda, per la sua importanza, l'auspicio, ossia la consultazione del volo e del comportamento degli uccelli.

Il peccato per eccellenza, anzi il "reato" data la sua punibilità, era la trasgressione alle norme o agli ordini divini. La ricerca e l'espiazione di eventuali trasgressioni essendo di fondamentale importanza, acquistò particolare rilievo l'istituto della confessione. L'idea stessa del peccato fu personificata in un dio, Wastulassis, che assieme ad altre divinità astratte quali Hantassas (equità) e Istamanassas (esaudimento), a differenza degli altri dei che ordinavano il territorio, regolavano i rapporti tra uomini e dei, e quindi il comportamento umano.

La mitologia

Della ricca mitologia ittita si ricordano i due miti più estesi: quello del dio Telepinus (identificato solitamente con il mesopotamico Tammuz, il quale scompare provocando la sterilità della terra, ma poi è costretto a tornare e a ristabilire l'ordine e quello della lotta vittoriosa del dio dell'ordine (il "dio della tempesta") contro il serpente Illuyankas, personificante le forze del caos.

Un terzo mito, quello dell'evirazione del dio-cielo (il mesopotamico Anu da parte del dio Kumarbi, va ricordato in quanto, anziché riallacciarsi alla tradizione mesopotamica, trova un singolare riscontro nel mito greco della evirazione di Urano da parte di Crono. Un distacco dalla tradizione mesopotamica, che presso gli Ittiti è presente nelle idee sull'aldilà, nei rituali, negli scongiuri, nelle formule magiche, ecc., si ha anche nella pratica funeraria dell'incinerazione.

Arte

L'arte ittita, su cui agì, oltre all'influsso siriaco, una conoscenza più o meno diretta dell'arte mesopotamica, è nota soprattutto attraverso gli scavi di Bogazköi (o Bogazkale) (l'antica Hattusa), Çatal Hüyük, Yazilikaya, che hanno riportato alla luce templi, palazzi, mura e fortificazioni del periodo imperiale (1400- 1200 a.C. ca.). Le poderose mura urbane (Bogazkale, Çatal Hüyük), con imponenti porte incassate fra torrioni, racchiudevano il palazzo reale e i templi, strutturati in maniera analoga: basamenti a grossi blocchi quadrati o massicce lastre poste verticalmente, e parte superiore in mattoni crudi e travi di legno.

L'architettura templare, come è dimostrato dai cinque templi di Bogazkale, contemplava la presenza di un cortile circondato da numerosi ambienti, di una sala del trono e di una cella per il simulacro della divinità.

La scultura, monumentale ma non priva di originalità e caratterizzata da una certa vivacità di resa plastica, è documentata dai rilievi rupestri (il maggior ciclo è quello del santuario di Yazilikaya, con processione di dei e dee) dagli ortostati a rilievo (porta di Çatal Hüyük, con processione di sacerdoti e offerenti guidata dall'imperatore e dall'imperatrice), dai rilievi che ornano le porte urbane (protomi leonine e sfingi a Bogazkale e Çatal Hüyük).

Interessanti appaiono anche le manifestazioni delle arti minori, con particolare riferimento ai sigilli cilindrici finemente intagliati alle statuette-amuleto d'oro e d'argento riproducenti in piccolo le statue cultuali dei templi.

Parlando dei popoli mesopotamici bisogna ricordare che boi definiamo letterari o storici avevano in realtà una precisa destinazione.

Lingua ittita

La lingua degli Ittiti fu ritenuta una lingua semitica per tutto il XIX secolo; solo nel 1915 fu riconosciuta come indoeuropea.

Media

Note

1^ Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, p. 350.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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